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libro secondo | 119 |
tri, vennero crudamente messi al taglio delle spade1.
Essendo ancora Federigo nel territorio veronese lanciò contro Milano certo decreto, con cui intendeva privarla dell’antichissimo privilegio di coniare la pubblica moneta, e di tutte le ragioni dette di Regalia. Lo rodeva dentro un fuoco di vendetta contro quella repubblica, cui non aveva osato accostarsi per ridurla a’ suoi voleri, e che gli aveva risuscitato alle spalle in pochi dì quella Tortona, tanto dura ad espugnarsi. Recava l’imperiale scrittura con in fronte il nome della santa Trinità, e di Federigo per divina clemenza Augusto Imperadore de’ Romani «come rigettasse dalla sua grazia i Milanesi a cagione delle loro smisurate scelleratezze; e per sentenza de’ suoi maggiorenti li sottomettesse al bando dell’Impero; perchè distruttori delle città di Como e di Lodi, renitenti a comparirgli innanzi, citati con solenni editti. E poichè la sua clemenza non faceva che incaponirli più nel male, tolto il consiglio da italiani e tedeschi Principi, diffinisse spogli i Milanesi dal diritto di coniar monete, e di tutte le regalie, concedendo questo privilegio alla città di Cremona, esempio di fedeltà tra le città italiane» Vi posero il loro nome come testimoni oltre a cento Vescovi e signori tedeschi, anche i Consoli di Pavia, e Novara; Federigo il suggello2. Opportuno decreto a meglio chiarire i Milanesi dell’animo del Tedesco, e della necessità di ben munirsi.
Un ultimo intoppo trovò Federigo oltre Verona: là dove le Alpi si stringono alle sponde del fiume Adige. Alcuni Veronesi eransi locati su le alture, ed impedivano il passo ai Tedeschi. Furono slocati colla forza, e quanti caddero in mano di Federigo furono ammazzati di crudelissime morti. Un cinquecento vennero appesi per la gola agli alberi; dugento ebbero il naso e le labbra recise; ed i cadaveri degli uccisi furono ammonticchiati per le vie senza ricovero