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tentò anche al di là del chiesto: poichè largheggiò con essi in ogni maniera di titoli e di onori; se li legò con grandi donativi; e perchè avessero avuto sempre un protettore, deputò in quei paesi un Conte Gozolino, tedesco di razza, a prefetto imperiale. Non è a dire come egregiamente servissero questi cagnotti ai disegni di Federigo: imperocchè nell’altra guerra che seguì contro Milano, questa non ebbe più accaniti ed ostinati nemici di quei Conti1.

Rotta così la fede de’ giuramenti, il fellone Augusto condusse l’esercito a campeggiare i prati di Roncaglia nel Piacentino, ove aveva bandito un gran parlamento de’ feudatari, e de’ Consoli delle città Italiane, perchè lo venissero a riconoscere Imperadore del Mondo. Milano era doma, le altre città non si muovevano per timore degli ostaggi, che erano in man di Federigo. Questi poteva a suo piacere palleggiarsi il globo colla croce sopra, simbolo della universale signoria. Vi andarono tutti gli Arcivescovi, Vescovi delle città che formavano un tempo il Regno Italico; Conti, Duchi, Marchesi, Valvassori, a stormi vi accorsero allegri; dolenti vi si accostarono i Consoli delle Repubbliche. Radevico vuol farci innamorare dell’ordine in che aveva composti gli alloggiamenti il suo divino: io non ne ho voglia: e dirò solo che in mezzo a questi nereggiava un pugno di uomini chiamati Dottori in Legge. Ben ventotto ne aveva raccolti Barbarossa da varie città d’Italia: primeggiavano quattro famosi dello studio di Bologna, Bulgaro, Martino Gossia, Jacopo ed Ugo da Porta Ravegnana. Questi legisti erano il Carroccio di Federigo. Questi li convocò, perchè sentenziassero su le ragioni, che poteva avere uno Imperadore di Lamagna sull’Italia.

Era questa una deputazione non che difficile, impossibile data a ministrare ai Legisti; e che, non dico come Italiani, ma come sapienti e uomini onesti, dovevano quei dottori risolutamente cessar da loro. Il Diritto non si crea. Ora co-

  1. Trist. Calch. Hist. Patr. lib. IX ap. Burmau. Vol. XI. p. 234.