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352 della lega lombarda

guisa quello dello Imperadore, che da nemico che era della bella pace, oggi se ne fa caldo cercatore. E per fermo che quì è Dio che opera, non punto l’uomo. Un vecchio ed infermo prete, inerme tenne fronte a tutto il tedesco furore, e senza sforzo di guerra l’imperiale potenza ha debellato. Ed avvegnachè l’Imperadore, dimorando noi in Anagni, ci venisse chiedendo la pace per i suoi Legati, che pur volevano senza indugio conchiudere; noi tuttavolta, avendo fitto nell’animo l’ardentissima vostra fede ed il come vi siate tenuti finora quasi muro a propugnacolo della Chiesa e della italiana libertà, non volemmo piegarci senza di voi a quella pace che ci si profferiva, perchè nostri consorti nella tribolazione, vi avessimo avuti tali nel gaudio. Perciò non riguardando a scapito di personale decoro, non alla cagionevole età, non ai pericoli di viaggio, ci siamo recati a voi, perchè, mescolate le sentenze, quella pace che ci offerisce l’Imperadore, se torna al miglior della Chiesa, del Re Siciliano e vostro, accogliamo.»

Alle papali parole rispondeva un de’ Lombardi quasi deputato di tutta Italia:

«Venerando Padre e signore, l’universa Italia ti si prostra innanzi ossequente, e ti riferisce grazie immortali. Essa è tutta in gioia nel vedere il Padre così dappresso ai figliuoli, perchè gli sbrancati agnelli tolti al dente di rapaci lupi novellamente siano rimenati al presepe della Chiesa. Non è a significare con parole la persecuzione, con cui l’Imperadore ha sbattuto voi e la Chiesa, perchè si rivela troppo da’ fatti: e di quella che noi patimmo, è già tutto pieno il mondo. Primi all’impeto del nemico, primi allo scontro delle sue furie, de’ nostri petti e delle nostre armi facemmo riparo alla minacciata libertà dell’Italia e della Chiesa; e per questi petti fu salva. Per la qual cosa sta veramente secondo giustizia e ragione quel rigettare che faceste la profferta pace imperiale senza nostro avviso. Anche noi fummo tentati, e spesso, ad