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86 | della lega lombarda |
var mine; questi nel costruire ingegni da assedio) erano per Milano. Tuttavolta furono saldi nelle loro mura, vittoriosi nelle sortite, e con incredibile costanza di spirito si videro tener fronte ai Milanesi, e alle ribellate borgate di loro dominio per terra e per le acque de’ laghi di Como e Maggiore. Al certo non duravano le ostilità per tutto l’anno: incominciavano a primavera, sostavano al verno. Ma poichè il campeggiar de’ nemici durava nella state, tutte le loro messi andavano in perdizione o in potere de’ medesimi. Per la qual cosa stretti dalla fame, perduto ogni nerbo di milizia, essendo alta la notte, in una impetuosa sortita trassero alla zuffa i Milanesi, mentre segretamente dalla città mettevano in salvo i vecchi, i fanciulli e le femmine con le cose più care. Si raccolsero nel castello di Vico paratissimi a più lunga difesa, lasciando deserta la città. Innanzi a quella rocca venne meno la pertinacia de’ Milanesi; proposero e furono accettate le condizioni della pace, ma sì crudamente abusarono della forza, che al luogo della misera Como i pochi campati dalla morte e dalle prigioni non ebbero ad abitare che povere capanne1.
Sterminate Lodi e Como, vennero i Milanesi alle prese colla città di Cremona a cagione di Crema, che non volendo più sottostare alla medesima, chiese la loro protezione. Bastò questo a sollevare un’altra mole di guerra. Pavia ingelosita di nuovo delle vittorie di Milano, si unì a Cremona, traendosi appresso altre città; per cui fino al 1152 non fu che un continuo appiccar di zuffe, espugnazioni di rocche, ammazzamenti di uomini, devastazioni di campi. Cremona non cadde, come le altre due città; ma Milano attinse a tanta altezza di signoria, che ove non fossero più venuti Imperadori di fuori, sarebbe stata la Repubblica regina di tutta Lombardia. Certo che è a lagri-