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40 Antonio Olivieri

studiando la nomenclatura astigiana, la definizione di «moneta alba» per l’emissione della zecca pavese inaugurata all’alba del XII secolo non collima con la definizione datale da Caffaro di «nova moneta brunitorum».

Pur restando entro i confini medievali della diocesi di Vercelli (di cui faceva parte anche il territorio biellese studiato nel paragrafo precedente), occorre ora ampliare la visuale geografica per verificare come fuori dagli ambiti fin qui studiati il panorama della circolazione monetaria non fosse così uniforme e monotono. Prima di soffermarsi sulle carte relative alla località di Viverone, presso il lago omonimo al confine tra i territori di Vercelli e Ivrea, occorre dare conto di altri dati ricavabili da sparsi documenti conservati tra le carte dei canonici di Vercelli che consentono di individuare, ai margini settentrionali e orientali del territorio vercellese, l’esistenza di un circuito monetario alternativo a quello della moneta pavese. Con maggiore precisione esso può essere ricondotto alla fascia settentrionale del territorio vercellese a est di Biella (Gattinara e, più a sud, Oldenico) e ad aree di confine soggette a influenze contrastanti, come quella appena ricordata tra Ivrea e Vercelli (Cavaglià) o al limite del territorio vercellese verso quello novarese (Borgo Vercelli). La collocazione geografica sembrerebbe dunque un fattore che prevale rispetto ad altri nella determinazione dell’origine del numerario di riferimento. Si è già accennato di sopra a una vendita del 1126 di beni posti in Masserano per un prezzo espresso in moneta milanese1. In un breve di investitura rogato ad Arborio (sulla pianura a destra del Sesia, a nord di Vercelli) pochi anni dopo due messi dei canonici di Sant’Eusebio investirono una donna di beni in Oldenico (situato poco più a sud di Arborio) per un fitto annuale di quattro denari «Mediolanensium veterum» e una penalità di venti lire della stessa moneta2. Nel 1142 gli stessi denari milanesi vecchi costituirono la moneta di riferimento in una refuta relativa a beni e diritti situati in Bulgaro (Borgo Vercelli) sulla riva sinistra del Sesia, dirimpetto a Vercelli3. In una ulteriore refuta del luglio 1144, che coinvolge questa volta in modo più diretto la chiesa di Sant’Eusebio di Vercelli ed è relativa a un feudo costituito da beni geograficamente mal collocabili, il prezzo della rinunzia venne espresso nella stessa moneta4. I denari milanesi di vecchio conio, qualsiasi cosa significasse questa definizione, dovevano avere quindi una discreta dif-

  1. BSSS 70, pp. 107 sg., doc. 90: cfr. sopra testo relativo alla nota 131.
  2. BSSS 70, pp. 124 sg., doc. 101 (13 ottobre 1132, «In villa Arborii in porticu calonica prope ecclesiam Sancti Martini»).
  3. BSSS 70, pp. 140 sg., doc. 118 (24 marzo 1142, s. l.): Rolando e Giacomo, zio e nipote, refutano in favore di Otto «qui nominatur Guardabecco» diritti su un manso in Bulgaro di proprietà della cattedrale eusebiana. La penale venne fissata in dieci lire «denariorum bonorum Mediolanensium veterum» a carico dei refutanti, in favore dei quali venne stabilita una garanzia di venti soldi della stessa moneta, mentre dal beneficiario ebbero in cambio per la refuta venti soldi ancora della stessa moneta.
  4. BSSS 70, pp. 148 sg., doc. 122 («in porticu archipresbiteri», verosimilmente a Vercelli): un Oglerio rinunziò in favore della chiesa di Sant’Eusebio ai diritti che aveva su un feudo che tene va da un Maginfredo de Castello in cambio di tre lire e cinque soldi di moneta milanese vecchia e di altre minori contropartite.



Reti Medievali Rivista, 12, 1 (2011) <http://rivista.retimedievali.it>