Pagina:Storia della decadenza dei costumi delle scienze e della lingua dei romani I.djvu/131

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donato aveva, e fatto a pro loro1. Se nel tempo stesso, dic’egli in un altro Epigramma, m’invitassero a mensa Domiziano, e Giove, e fossi più vicino al Cielo, che all’Imperial Palazzo, nulladimeno risponderei, = Vada pure all’Olimpico Giove chi ne ha volontà mentre io ho in Terra il mio Giove, che mi mantiene2 =. Dopo tali esempj di eccessiva adulazione forse non dovrei riferir neppure che lo stesso Poeta, il quale anteposto aveva Domiziano a tutti gli Dei, e singolarmente a Giove, fece ad uno ad uno il parallelo dei fatti d’Ercole con quelli di Domiziano, e dopo maturo esame ne concluse che questo vile Tiranno superato avesse di gran lunga il suddetto Eroe divinizzato3.

  1. Mart. IX. 4.
  2. Ibid. IX. 92.
  3. Mart. IX. 102. Egli chiuse quest’epigramma coi seguenti versi.

    „ Templa Deo, mores populis dedit, otia ferro,
         Astra suis, Coelo sidera, serta jovi.
         Herculeum tantis numen non sufficit actis:
         Tarpejo Deus hic commodat hora patri.

    Con ragione disse dunque Tacito del governo di Domiziano: ( vit. Agr. c. 2.) „ Dedimus profecto grande patientiae documentum, et sicut vetus aetas vidit, quid ultimum in libertate esset ita nos quid in servitute, adempto per inquisitiones, et loquendi audiendique commercio. Memoriam quoque ipsam cum vooe perdidissemus si tam in nostra potestate esset oblivisci, quam tacere„. In quei tempi spaventevoli gli uomini virtuosi erano così rari come i vecohj d’illustri natali, e di grandi ricchezze.