Pagina:Storia della decadenza dei costumi delle scienze e della lingua dei romani I.djvu/156

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Se mai i loro mariti si struggevano dal desiderio di aver figli, allora esse non di rado si fingevano gravide, figuravano di partorire, e comprando poscia da poveri Genitori qualche Bambino veniva questo al Consorte o deluso Padre come suo dato in braccio1. Lo snaturato desiderio di rimaner esenti dagli incomodi della gravidanza, e dai dolori, e pericoli del parto formava certamente la cagion principale, per cui le Romane si accoppiavano con artifiziosi, o naturali castrati, e tali matrimonj erano per lo meno così frequenti, e permessi in Roma come lo sono ancor oggi presso i Popoli dell’Oriente2. La castità sembrava piuttosto un rimprovero di quello che fosse un’infamia l’adulterio. Le donne si maritavano per contentare gli amanti alle spalle dei loro sposi, ed era considerata come insulsa, e priva d’ogni cognizione del bel Mondo quella, che ignorava null’altro essere il matrimonio che una continua serie d’infedeltà. Chi è quella donna, esclama Seneca, per quanto meschina, e sordida ella sia, la quale si contenti solamente di un pajo di amanti, e non gli voglia tutti i giorni, ed anche tutte l’ore a’ suoi fianchi3? Queste stravaganze delle donne unite

  1. Juven. VI. 601. et seg.
  2. Ib VI. 367 Heinec. in Pap. Popp. p. 161.
  3. Senec. de Benef. III. 16.,, Numquid jam ullus adulterii pudor est, postquam eo ventum est, ut nulla virum habeat, nisi ut adulterum