Pagina:Storia della decadenza dei costumi delle scienze e della lingua dei romani I.djvu/18

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ed attaccamento; e tutti in fine pel dolce riposo, e per la sicura pace, in cui ognuno poteva liberamente goder del suo. Quindi è che allorquando Augusto si accostava all’ultimo dei suoi giorni, pochi eran quelli, i quali parlassero, e senza trovare ascolto, dei privilegi, e vantaggi della libertà, giacché i più arditi ed orgogliosi fra i Romani, che ricever non volevano le stesse ricchezze, e cariche luminose dal furor di un solo, cessato avevan di esistere jper le guerre civili, o nelle proscrizioni. I più giovani, eran nati quasi tutti dopo la vittoria Aziaca, come i più vecchj nel tempo dell’interne discordie, di modo che non rimaneva che un piccol numero di persone, le quali veramente avesser veduta, e conosciuta la loro Repubblica. La massima parte del popolo, e dei Grandi temeva la guerra civile, e andava quindi con ansietà in traccia di un Sovrano, a cui sottoporsi. Erasi già da lungo tempo deposta qualunque pretensione di una politica libertà, e viceversa introdotta l’abitudine di considerare i comandi del Principe come leggi, e la sua grazia qual sorgente d’ogni fortuna. Saputasi pertanto la notizia della morte di Augusto, e che Tiberio eragli succeduto nel Trono, i più rispettabili Personaggi corsero a gara a presentarsi al loro nuovo Monarca, e con le più artifiziose e umilianti adulazioni formarono un mescuglio di condoglianze, e di congratulazioni, di lacrime, e di contrassegni di allegrezza ad oggetto di assicurarlo della loro fedeltà e sog-