Pagina:Storia della decadenza dei costumi delle scienze e della lingua dei romani I.djvu/193

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Claudio, portati altrove coi medesimi guanciali, su cui giacevano1.

Il fuoco divoratore, che una continua crapula suscitava nel corpo dei Crapuloni Romani, risvegliò in essi il più ardente desiderio di far uso di rimedj rinfrescativi, e segnatamente della neve, e del diaccio, che in tutte le stagioni giunse al maggiore eccesso2. Questi medesimi Crapuloni però, ai quali appena sembravano la neve, ed il diaccio sufficientemente freddi, non rinvenivano giammai le vivande abbastanza calde. Era quindi necessario, come dice Seneca, che il focolare seguitasse le vivande, o venissero trasportate le cucine nelle Sale dei bànchetti affinchè i cibi caldi, e bollenti passasser subito dal fuoco nella bocca, e nel ventre dei Parasiti. I Romani palati, aggiunge questo Scrittore, si sono già troppo intorpiditi per poter gustare alcun cibo, che non sia caldo3.

Ma i corpi dei Romani Ghiottoni rimasero appena tanto indeboliti dalla loro intemperanza nel mangiare, enel bevere, quanto corrotte furono le loro anime da quelle compiacenze stesse, che andavan d’accordo colle mense dei Grandi. Siccome tutte le persone ricche, e cospicue di Roma, per quanto fossero ignoranti, possedevano insigni biblioteche, che allora venivano

  1. Vedasi sopratutto Mar. Epigram. III 82.
  2. Sen Nat. Quaest. IV 13. Ep. 95.
  3. Ep. 78 . 95. Nat. quaest. III. 18.