Pagina:Storia della decadenza dei costumi delle scienze e della lingua dei romani I.djvu/192

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vano in bevanda varj veleni, e segnatamente la cicuta, e facevasi altresì uso della polvere di pomice, e di altre cose così orribili che Plinio non ha neppur potuto accennarle. Parimente i Romani bevitori non solo volevano che il vino fosse di ottima qualità, vecchio, e salubre, ma lo mescolavano eziandio con sostanze odorose onde renderlo in tal modo tanto più aggradevole al naso1. Tutte le descrizioni dei banchetti che furono dati dall’epoca del governo di Augusto fino ad Eliogabalo, dimostrano chiaramente che Tiberio, Caligola, Claudio, Nerone, Vitellio, Domiziano, Vero, Commodo, ed Eliogabalo erano soliti di ubbriacarsi sino alla follia, e che anche alla tavola Imperiale i Commensali avevano l’ardimeuto di far lo stesso, e molte volte vi eran costretti. Tali individui siabbandonavano quindi francamente ai più stomachevoli effetti di un’eccessiva ubbriachezza, e soddisfacevano senza vergogna a tutti i bisogni dell’oppressa Natura. Varie persone di alto grado dormivano, e russavano a tavola, e poscia venivano, come

  1. Lucian in Nigrin I. 72. 73. et ibi. Hemsterhuis. Eliogabalo era eccellente nel preparare il vino in tal modo; „ et masticatum, et pulejalum, et omnia haec quae nunc luxuria retinet, invenit. Nam rosatum ab aliis acceptum pinearum etiam attritione odoratius reddidit. Denique haec genera pocularum ante Heliogabalum non leguntur. Lampr. in eju vita c. 19.