Pagina:Storia della decadenza dei costumi delle scienze e della lingua dei romani I.djvu/205

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sarebbe altresì potuto riuscire un grand’uomo s’ei non si fosse a bella posta corrotto da se medesimo, e non avesse cercato di farsi un merito col dimostrarsi ancor più delicato, e voluttuoso di quel che lo era in sostanza1. Il suo discorso non era meno molle, e men deformato da non virili ornamenti di quel che lo fossero il suo vestiario, i suoi ornamenti, il suo modo di camminare, il suo corteggio, e tutta la sua casa; nulladimeno imitavasi così generalmente la singolare voluttà del primo come l’effemminatezza, ed il fasto degli ultimi2. Anche in mezzo al maggior tumulto delle guerre civili, durante le quali teneva Mecenate in Roma, e in Italia i luogo d’Augusto, egli non compariva giammai nel Foro, nella Tribuna, o sulla Sedia Curule senza avere il capo ben coperto da una fascia a somiglianza degli Schiavi Lacchè o Volanti de’ Ricchi, che venivano rappresentati in sul Romano Teatro. A quei stessi tempi, in cui la Città era tutta in armi, e ripiena di angosciose inquietudini l’amico di Augusto, il quale aveva in mano l’autorità del suo potente Monarca, non usciva mai del proprio

  1. Senec. epist. 114.
  2. Seneca nell’Epistola 114 adduce tali prove delle deliciis portentosissimae Orationis di Mecenate le quali giustificano pienamente il severo giudizio, che tant’esso quanto Tacito, e Quintiliano hanno espresso rapporto al di lui stile.