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Augusto1. Solamente un molle tal carattere manifestar poteva il desiderio, da Seneca a ragione chiamato vergognoso, cioè che la Natura lo rendesse storpio nelle mani, nei piedi, ed in altre parti del corpo, lo deformasse con una gobba, e cader gli facesse tutti i denti, purché lo lasciasse in vita, asserendo che la medesima gli sarebbe stata cara quando anche avesse dovuto pendere dalla croce; o rimaner confitto sopra un acutissimo palo2.
I molli, e galanti Romani, che seguirono l’esempio di Mecenate, e in appresso quelli di Caligola, di Nerone, di Vero, e d’Eliogabalo, oltrepassarono tanto i più folli Ganimedi delle nostre maggiori Metropoli, quanto i Romani Voluttuosi, e Crapuloni si lasciano addietro i loro emuli dei tempi moderni. Un molle, e galante Romano stava tutto il giorno tra le donne, scriveva, e leggeva lettere amorose a ogni tavola, ed in tutte le conversazioni, non ignorava le avventure degli amanti, e la storia di tutti gli