Pagina:Storia della decadenza dei costumi delle scienze e della lingua dei romani I.djvu/253

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tà si sono purtroppo istupidite, e sconvolte1.

Con tali vizj dei Padri, con tali difetti del Governo, con una tale depravazione del Popolo, e specialmente di quelle della Capitale, e con un numero così grande di perniciosi tentativi, e di pessime seduzioni era impossibile che i Figli non divenissero più rilassati, ed iniqui de’ lor Genitori; che dessi non si abbandonassero di buon ora alla più grossolana crapula, e alle più innaturali dissolutezze; che non visitassero più le celebri cucine, e gli spettacoli, che le sale dei Retori, e dei Filosofi; e che finalmente non amassero più i loro cavalli, i loro concubini, e le loro concubine che i proprj Padri, e le proprie Madri, che spesse volte temevano più di quel che desiderassero di aver prole avendo non di rado i più giusti motivi di dover maledire la propria fecondità a cagione dei traviamenti, e delle dissolutezze dei loro Figli2.

  1. L’Autore del discorso sul Decadimento dell’Eloquenza dal 33. cap. sino al fine descrive anche più egregiamente di Plinio la gran differenza di educare la Gioventù Romana nei migliori tempi della Repubblica, e sotto i governi degli Imperatori.
  2. „ Tac. XIV. 20. Degeneretque studiis externis juventus, gymnasia, et otia, et turpes amores exercendo, Principe, et Senatu auctoribus: qui non modo licentiam vitiis permiserint, sed vim adhibeant. Senec. Ep. 99. Adspice illos juvenes, quos ex nobìlissimis domibus in arenam luxuria projecit: adspice illos, qui suam alienamque libidinem exercent, mutuo impudici; quorum