Pagina:Storia della decadenza dei costumi delle scienze e della lingua dei romani I.djvu/52

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desimo prima di riceverne la condanna. Tiberio però si oppose a questa proposizione, e disse esser meglio annullare le stesse leggi di quello che avvilirne i custodi1, credendo egli realmente che gli spioni fossero le vere guardie, e i protettori della sua vita poiché si figurava di trovarsi in continui pericoli. Ad onta dei frequenti ed atroci gastighi, che da Tiberio prescritti venivano, e fatti eseguire, egli non s’accorse almeno per lungo tempo dell’ingiusta e barbara sua condotta, poiché ogni accusa portavasi al Senato, e da questo pronunziavansene tutte le sentenze. Nulla gli riuscì quindi più nuovo ed inaspettato del racconto delle maldicenze, e detrazioni pronunziate contra di esso da un certo Vozieno Montano, che un vecchio guerriero accusator di costui ripeteva un giorno colla maggiore ingenuità alla sua presenza ed a quella dell’intero Senato, per quanto si cercasse d’interromperlo. Tiberio rimase in tal guisa stupefatto all’udire il male che erasi di lui detto, e segnatamente per la nuova già sparsasi rispetto alla crudeltà e barbarie, con cui egli

  1. Ib. c. 30. Ibaturque in eam sententiam, ni durius contraque morem suum palam pro accusatoribus Caesar, inritas leges, Rempublicam in praecipiti conquestus esset. Subverterent potius jura quam custodes eorum amoverent. Sic delatores genus hominum publico exitio repertum, et poenis quidem nunquam satis coercitum per praemia eliciebatur.