Pagina:Storia della geografia (Luigi Hugues) - 2.djvu/170

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l’ammirazione e doni d’ogni sorta dal popolo, verso cui d’altra parte erano liberali nello spendere e nell’occuparlo in lavori di artificio. Gettando acqua fredda sulle pietre ardenti si otteneva buonissima calce e cemento, e colle medesime pietre estinte ottimi materiali di costruzione. Il superfluo dell’acqua calda correndo al mare rendeva in qualunque stagione liquido e pescoso un gran porto e il mare medesimo per grande tratto, con molto profitto del commercio di quel paese, dove andavano per far cambi persino i mercatanti di Drontheim e del Capo di Sopra Norvegia1.

Nella Engronelant della carta zeniana il Cenobio di S. Tommaso è segnato ad un altissimo grado di latitudine (74° 30’), il quale si opporrebbe ricisamente alle meravigliose circostanze accennate nella relazione. È anzi questo uno degli argomenti messi in campo da quegli autori che negano l’estensione delle nozioni degli Zeno sino a quel paese dell’alto Nord. Ma qui è necessario osservare, che l’alta latitudine attribuita al convento di S. Tommaso proviene specialmente dall’errore di Nicolò giuniore dello avere trasportato le Shetland di fianco all’Islanda, e dalla quantità del viaggio che in tal caso si calcola dal luogo di partenza dall’Islanda sino al monastero di S. Tommaso. Laddove, osserva il De Simoni, se il punto di partenza fosse stato, come doveva essere, il gruppo vero delle Shetland, l’arrivo al monastero sarebbe stato verso il 63° parallelo, vale a dire non lungi dal capo Farewel2. A questa latitudine di 63° si giunge semplicemente sottraendo primieramente da quella di 74°30’ la differenza in latitudine tra la costa settentrionale dell’Islanda e il gruppo delle Shetland, cioè circa 5 gradi, e quindi sottraendo dal risultato altri 5 gradi, accettando l’osservazione del Nordenskiöld, che, se si diminuiscono rispettivamente, ciascuno di cinque, i gradi di latitudine sovrapposti alla



  1. Ramusio, vol. II dell’edizione del 1574; De Simoni, I viaggi e la carta dei fratelli Zeno veneziani, pag. 13.
  2. De Simoni, I viaggi e la carta dei fratelli Zeno veneziani, studio secondo, pag. 24.