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Di grandissimo pregio è l’Atlante nautico di Andrea Bianco del 1436, composto di dieci carte, e conservato nella Biblioteca di San Marco in Venezia. La prima carta porta la inscrizione: «Andreas Bianche de veneciis me fecit MCCCCXXXYI»; e nell’angolo superiore di sinistra una lunga leggenda, nella quale è esposto il metodo per applicare alla navigazione il cosidetto marteloio o martelogio, o, altrimenti una operazione abbastanza complicata, alla quale si dava il nome di rason, toleta e Suma del martelogio. L’etimologia di questo nome marteloio è tuttora incerta. Per il Toaldo1 la parola martelogio è corruzione di marilogio, e vale regola del mare; il Morelli2 lo fa derivare da homartologium, cioè trattato o discorso d’accompagnamento; il Breusing la deduce dalla parola francese matelot (marinaio)3; il Desimoni suppone che debbasi intendere colla
- ↑ Toaldo, Saggi di Studi Veneti, 1782.
- ↑ Morelli, Lettera rarissima di Cristoforo Colombo, pag. 42, Bassano, 1810.
- ↑ Breusing, La toleta de Martelojo und die loxodromischen Karten, nella Zeitschrift für wissenschaftliche Geographie, II, pag. 130.
XVI, afferma che in una geografia di Tolomeo donata al Pontefice Urbano VI (1378-1389) era rappresentata un’isola Antilia colla leggenda: «Ista insula Antilia, aliquando a Lusitanis est inventa sed modo, quando quaeritur, non invenitur». Ma è probabile, come dice il D’Avezac (Iles de l’Afrique, pag. 27), che l’Antilia e la relativa leggenda figurassero, nel Tolomeo di cui si tratta, sopra una di quelle carte supplementari che i cartografi dei secoli XV e XVI aggiungevano di mano in mano agli esemplari manoscritti ed alle edizioni stampate del geografo alessandrino. Si è creduto eziandio di trovare l’isola Antilia sulla carta dei Pizigani (anno 1367), la quale difatti presenta ad occidente dell’Europa due statue accompagnate dalle seguenti parole: «Hae sunt statuae quae stant ante ripas Antilliae, quarum quae in fundo ad securandos homines navigantes, quare est fusum ad ista maria quousque possint navigare, et foras porrecta statua et mare sorde quo non possint intrare nautae». Per mala sorte tutta questa leggenda è rosa dal tempo, e non si può decifrare che assai difficilmente, cosicchè alcuni, in luogo di ante ripas Antiliae leggono ante ripas Attullio, ed altri ad ripas istius insulae. V. Gelgigh nel Giornale della Società geografica di Berlino, 1890, pag. 107.