Pagina:Storia della letteratura italiana - Tomo I.djvu/104

Da Wikisource.

Parte II. 65

XXVI.

Ancorchè cotali specchi sian possibili, il fatto non è probabile.

Non si può dunque dubitare, che non possano i raggi del Sole accender fuoco a quella distanza, a cui esser doveano le navi Romane nell’assedio di Siracusa. Ma è egli probabile, che ciò accadesse? Qui è dove io incontro la maggior difficoltà. Affinchè una materia pe’ raggi del Sole s’infiammi e prenda fuoco, convien ch’ella sia ferma ed immobile; perciocchè non potendosi il fuoco eccitare in un momento, se i raggi vanno a percuotere or in un punto, or in un altro, non produrranno mai quest’effetto. Inoltre se la materia non è tale, che presto prenda fuoco e s’infiammi, molto tempo richiedesi, perchè la fiamma si accenda, e si propaghi all’intorno. Or crederem noi, che le navi Romane si stessero così ferme, che permettessero ad Archimede l’usare a tutto suo agio de’ suoi specchj? o che quando pure cominciassero i raggi del Sole ad operar sopra esse, non si movessero tosto di luogo ad impedirne l’effetto? e che quando ancora le avesse Archimede co’ suoi maravigliosi uncini immobilmente arrestate, non estinguessero in sulle prime i Romani il nascente fuoco, nè gli permettessero l’avvivarsi e il distendersi più oltre? Questo è ciò, che a me rende più improbabile un tal racconto.

XXVII.

Nè è abbastanza provato.

Ma ancorchè un tal fatto si mostri e possibile e probabile, rimane ancora a vedere, se debbasi veramente credere avvenuto. Ella è certo cosa maravigliosa, che i tre antichi autori, che delle macchine di Archimede hanno diffusamente parlato, di questi specchi non faccian motto. Ne parla Zonara; ma oltrechè egli è autore troppo recente per ottener fede, ella è così sciocca la descrizione, che egli ce ne fa, che non merita di esser confutata. Speculo quodam, dic’egli1 secondo la traduzione di Girolamo Wolfio, versus solem suspenso, aereque ob densitatem & lævitatem speculi ex iis radiis incenso, effecit, ut ingens flamma recte in naves illata omnes eas cremaret. Nulla io dico dell’autorità di Eustazio Commentatore di Omero2, poichè egli è pure autor troppo recente, vissuto nel secolo XII. Più autorevole è il testimonio di Giovanni Tzetze, che nelle sue Chiliadi Storiche di questo specchio distintamente favella. Egli è

  1. Annal. t. II.
  2. Ap. Frabric. Bibl. Græc. t. II p. 552.