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Parte III. Libro II. 147


Romæ ne essent. Qual fosse il motivo di sì rigoroso decreto, e qual ne fosse l’effetto, i sopraccitati scrittori nol dicono chiaramente. Quanto al motivo pare, che que’ severi Padri Coscritti avvezzi a non conoscere altro studio che quello di soggiogare il mondo, temessero, che l’applicarsi alle scienze dovesse seco portare lo sconvolgimento e la rovina della Repubblica, e che la gioventù Romana non potesse avere amore alle scienze senza aver in odio la guerra. Se allor si fosse trovato nel Senato Romano un famoso moderno Filosofo, che con eloquente patetico ragionamento ha preteso di mostrare il gran danno, che dal coltivare le scienze ridonda negli uomini, avrebbe certo riscosso grandissimo plauso. E’ probabile, che il decreto del Senato avesse il suo effetto; che non erano allora que’ Padri soliti a soffrire, che i loro editti fossero non curati. Ed io penso, che la dispersione fatta de’ Greci in diverse Città, che abbiam veduta rammentarsi da Polibio, fosse appunto effetto di tal decreto. Ma certo è, che l’amor delle scienze non venne meno per tal decreto in Roma; anzi nacque quindi a non molto altra occasione, che il fece sempre più vivo ed ardente.

VII. Saccheggiata aveano gli Ateniesi la città di Oropio nella Beozia; di che avendo que’ Cittadini portate al Romano Senato le loro doglianze, questo commise a’ Sicionj, che esaminato l’affare imponessero agli Ateniesi tal multa, che a’ danni da loro recati ad Oropio fosse proporzionata. Furon perciò gli Ateniesi condannati da’ Sicionj a pagare a que’ di Oropio presso a cinquecento talenti. Troppo gravosa sembrò agli Ateniesi tal multa; e un’ambasciata inviarono essi al Senato Romano, perché la pena fosse resa più mite1. Pare, che in questa occasione volessero gli Ateniesi far pompa presso i Romani del lor valor nelle scienze, poiché a sostenere l’onore di questa ambasciata scelsero i tre più rinomati Filosofi, che allor vivessero. Furon questi Carneade, Diogene, Critolao, Capi delle tre Filosofiche Sette, che fiorivano in Grecia, Carneade della Accademica, Diogene della Stoica, Critolao della Peripatetica, uomini insieme valorosi in eloquenza, ed atti, benché per diversa maniera, a persuadere altrui ciò, che più loro piacesse.

  1. Geli. lib. VII. e XIV. Plutarco in Caton. Cenf. ec