Pagina:Storia della letteratura italiana - Tomo I.djvu/379

Da Wikisource.

infermo, e in fatti aggiugne Plinio15, che nol fu mai, e sallo il Cielo, quando sarebbe egli morto, se la caduta da una scala non gli avesse in estrema vecchiezza tolta la vita. Quindi non vi ebbe mai forse Medico alcuno, che in tanto onore salisse, quanto Asclepiade. Mitridate Re di Ponto avendone avuta contezza mandò chi facessegli grandi offerte, perché a lui ne andasse; ma egli non volle partir da Roma16. Di lui parla ancora con lode Cornelio Celso in più luoghi17. Ma Galeno, che allor quando venne a Roma a’ tempi di Marco Aurelio trovò ancor viva la memoria d’Asclepiade, e vide, ch’egli avea non pochi seguaci, parlonne assai diversamente, e in più luoghi delle sue opere ne combatté l’opinioni, e talvolta ancora con assai pungenti parole18. Anzi ei rammenta19 otto libri da sé scritti ad esaminare le opinioni tutte di Asclepiade. Essi sono periti; ma egli è verisimile, che in essi ei ne avesse scoperti gli errori, e più ancor l’impostura, di cui Asclepiade avea usato.

VII. Molti discepoli ebbe Asclepiade in Roma; ma due singolarmente si renderono sopra gli

altri famosi, Temisone, e Antonio Musa20. Temisone nativo di Laodicea nella Siria si dice da Plinio sommo Autore21, e varj libri scritti da lui si rammentano presso gli antichi Autori22. Ma egli non fu