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38 Storia della Letteratura Italiana.

III.

Epoche della Vita di Pittagora e suoi principj.

Il tempo, in cui egli vivesse, non si può con certezza determinare. Gli antichi stessi non sono in ciò tra loro concordi. Qual maraviglia, che nol siano i moderni? Nel Tomo XIV delle Memorie dell’Accademia delle Iscrizioni abbiamo un’erudita Dissertazione di M. de la Nauze, in cui con mille autorità e con forti argomenti si fa a provare, che Pitagora nacque verso l’anno 640 innanzi l’Era Cristiana, e che morì verso l’anno 550. Al contrario M. Freret in un’altra bella Dissertazione inserita nel Tomo stesso prende a ribattere le ragioni tutte dal la Nauze arrecate, e molte altre ne adduce a provare, che Pittagora morì certamente dopo l’anno 509 innanzi l’Era Cristiana, e che quindi convien credere, ch’egli nascesse circa l’anno 600. Altre opinioni diverse, e le contese tra dotti uomini insorte in Inghilterra su questo punto si posson vedere presso il le Clerc, che de’ libri intorno a ciò pubblicati ci ha dati gli estratti1, e presso il Bruckero, il quale pensa, che più probabile sia l’opinion di coloro, che affermano esser lui nato l’anno 586 innanzi a Cristo. In qualunque luogo nascesse, egli è certo, che dopo più viaggi affine di ammaestrarsi da lui intrapresi, venne a stabilirsi in Italia, il che pensa il Bruckero, che accadesse l’anno 546. Vi fu tra gli antichi ancora chi disse, ch’egli avea avuto a suo discepolo Numa il secondo Re de’ Romani. Ma Cicerone stesso rigetta una tale opinione, poichè, egli dice, Numa certamente visse degli anni assai innanzi a Pittagora2. Crotone e Metaponto furono le due Città, in cui fece egli più lungo soggiorno; ma più altre Città ancora di queste provincie, di cui parliamo, di qua ugualmente e di là dal Faro, giovaronsi de’ consiglj e della dottrina di sì grand’uomo. Grandi cose ne narrano Porfirio e Jamblico da lui fatte anche a politico regolamento delle Provincie medesime, e grandi prodigi ancora per lui operati; ma in questo qual fede loro si debba, è facil cosa a vedere; e anche il P. Gerdil conviene, doversi tralle favole rigettare cotai maravigliosi portenti. Nemmeno puossi affermar con certezza, se egli scrivesse libri di sorta alcuna. Su ciò ancora discordano gli antichi Scrittori, nè tu sai bene, cui debbasi prestare, ovvero negar fede.


  1. Bibl. Choisie T. X p. 79.
  2. De Orat. L. II n. 154.