Pagina:Storia della letteratura italiana - Tomo I.djvu/91

Da Wikisource.
52 Storia della Letteratura Italiana.

troppo più celebre di Siracusa, cioè Archimede. E quanto ad Archita già mentovato da noi tra’ Filosofi, fiorì egli circa l’Olimpiade XCVI, come dimostra il Bruckero1, e pel suo sapere venne in tal fama, che Platone ancora, oltre più altri, se gli diede a discepolo; nè solo della sua dottrina, ma della sua vita gli fu debitore. Poichè dannato a morte da Dionigi Tiranno di Siracusa, ne fu campato per una lettera, che al Tiranno inviò Archita2. Più libri egli scrisse, che veggonsi mentovati dagli antichi Autori, e dall’erudito Fabricio diligentemente annoverati3. Ma la Geometria e l’Algebra furon le scienza, in cui per singolar modo si rendè celebre Archita. Fu egli il primo, al dir di Laerzio, che agli usi pratici rivolgesse la Geometria, la qual fin allora a contemplazioni astratte ed inutili erasi applicata. Egli cominciò a ridurre a leggi determinate la Meccanica, gli effetti esaminandone, e spiegandone le ragioni; e del suo valore in questa parte di Matematica diede egli un’illustre pruova col lavoro di una colomba di legno formata per modo, che imitava il volo delle vere colombe. Esercitossi egli ancora intorno al famoso problema della duplicazione del cubo, e ne diede la soluzione, che da Eutocio ne è stata conservata, della quale favellando il Montucla dice, che, benchè essa sia unicamente speculativa, ci fa però concepire una vantaggiosa idea del suo autore4. Intorno ad Archita e alle matematiche scoperte da lui fatte si possono vedere i soprallodati autori, il Bruckero, io dico, il Fabricio, il Montucla5. Il Bruckero attribuisce ancora ad Archita l’invenzion della troclea ossia carrucola, e della coclea ossia vite; ma non allega autore alcuno, che ciò affermi; e noi vedremo frappoco, che la gloria di tali invenzioni più probabilmente si concede ad Archimede. Quale stima si acquistasse egli, chiaro si scorge dalla maniera, con cui ne favellano gli Scrittori. Orazio fra gli altri il chiama Misuratore della Terra e del Cielo e delle innumerabili arene, e uomo, che sulle celesti sfere ardito avea di sollevarsi, e di aggirarsi6. „In quest’Ode

  1. Hist. Crit. Phil. tom. I p. 1128.
  2. Laert. Vit. Philos. l. VIII in Archita.
  3. Bibl. Græc. tom. I p. 493.
  4. Hist. des Recherches sur la Quadrature du Cercle p. 243.
  5. Histoire des Mathem. tom. I p. 137, e 188.
  6. Lib. I Od. XXIII.