Pagina:Storia della letteratura italiana I.djvu/242

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(i due testamenti), tra quattro animali (i quattro vangeli), tirato da un Grifone, simbolo di Cristo; a destra Fede, Speranza e Carità; a sinistra Prudenza, Giustizia, Fortezza e Temperanza, vestite di porpora; dietro due vecchi, san Luca e san Paolo, e dietro a loro quattro in umile paruta, forse gli scrittori dell’epistole, e solo e dormente san Giovanni dall’Apocalisse.

E diretro da tutti un veglio solo
Venir dormendo colla faccia arguta.

Si ode un tuono. La processione si ferma. Comincia la rappresentazione. Virgilio guarda attonito, non meno che Dante. Il senso di quella processione allegorica gli sfugge. La missione del savio pagano è finita. Hai innanzi la dottrina nuova, la Chiesa di Cristo co’ suoi Profeti e Patriarchi, co’ suoi evangelisti e apostoli, co’ suoi libri santi.

Fermata la processione, una canta e gli altri ripetono: Veni, Sponsa, de Libano, e sul carro si leva moltitudine di angioli che cantano e gittano fiori.

Tutti dicèn: benedictus qui venis,
E fior gittando di sopra e dintorno,
Manibus o date lilia plenis.

Tra questa nuvola di fiori appare donna sovra candido velo, cinta d’oliva, sotto verde manto, vestita di colore di fiamma; appare come la Madonna nelle processioni, sotto i fiori che le gittano dalle finestre i fedeli. Dante non la vede, ma la sente: è Beatrice.

Quest’apoteosi di Beatrice, questo primo apparire della sua Donna ancora velata fra tanta gloria scioglie l’immaginazione dalla rigidità de’ simboli e de’ riti, e le dà le libere ali dell’arte. Il dramma si fa umano; spuntano le immagini e i sentimenti.