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Pagina:Storia della letteratura italiana I.djvu/422

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e sulla fortuna, e della coltura sulla barbarie e la rozzezza plebea, quella beatitudine dell’uomo ritirato nello studio, nella famiglia, ne’ campi, quello ardore delle scoperte, quel culto dell’arte, che è la fisonomia del secolo. Animate da questo spirito sono pure le ultime pagine della Tranquillità dell’animo, ove Battista pinge maravigliosamente sè stesso. Nell’Ecatomfilea ti arrestano ritratti di ancora maggior freschezza ed evidenza, come è la pittura degli amanti troppo giovani, e troppo vecchi, e dell’amore degli uomini che fioriscono in età ferma e matura: pittura che ha ispirato le belle ottave dell’Ariosto. De’ vagheggini perditempo dice: «Parmi poca prudenzia amare questi oziosi e incerti, i quali per disagio di faccende fanno l’amore suo quasi esercizio e arte, e con sue parrucchine, frastagli, ricamuzzi e livree, segni della loro leggerezza, vagosi e frascheggiosi per tutto discorrono: ― fuggiteli, figliuole mie, fuggiteli, però che questi non amano, ma così logorano passeggiando il dì non seguendo voi, ma fuggendo tedio». La storia dell’amore e della gelosia di Ecatomfila sembra un bel frammento di un romanzo fisiologico perduto, e per finezza e verità di osservazione è molto innanzi alla Fiammetta del Boccaccio, la cui imitazione è visibile nella Ecatomfilea, e più nella Deifira, e nella Epistola di un fervente amante, pianti e querele amatorie, dove il buon Battista, uscendo della sua natura, come il Boccaccio, dà nella rettorica. Per trovare il grande scrittore devi cogliere Battista quando pinge o descrive, come nell’Epistola sopra l’amore, reminiscenza del Corbaccio, e la pittura delle donne e l’altra dell’amante, pari alle più belle del Corbaccio. E, per finirla, vedi nella Tranquillità dell’animo la descrizione del Duomo di Firenze, con tanta idealità nella massima precisione degli accessorii. «Questo tempio ha in sè grazia e maestà, e mi diletta ch’io veggo in questo tempio giunta una graci-