Pagina:Storia della letteratura italiana II.djvu/133

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cissimi accidenti, sagacissimo a indagarne i più riposti motivi nel carattere degli attori e nelle loro forze, l’insieme gli fugge. La riforma, la calata di Carlo, la lotta tra Carlo V e Francesco I, la trasformazione del Papato, la caduta di Firenze, e l’Italia bilanciata di Lorenzo divenuta un’Italia definitivamente smembrata e soggetta, questi fatti generali preoccupano meno lo storico che l’assedio di Pisa e i più oscuri pettegolezzi trai principi. Sembra un naturalista, che studi e classifichi erbe, piante, e minerali e indaghi la loro struttura interna e la loro fisiologia, che li fa essere così o così. L’uomo vi apparisce come un essere naturale, che operi così fatalmente, come un animale, determinato all’azione da passioni, opinioni, interessi, dalla sua natura o carattere con la stessa necessità che l’animale è determinato da’ suoi istinti e qualunque essere vivente dalle sue leggi costitutive. Considerando l’uomo a questo modo, lo storico conserva quella calma dell’intelletto, quell’apatia e indifferenza che ha un filosofo nella spiegazione de’ fenomeni naturali. Ferruccio e Malatesta gl’ispirano lo stesso interesse; anzi Malatesta è più interessante, perchè la sua azione è meno spiegabile e attira più la sua attenzione intellettuale. Di che si stacca questo concetto della storia, che l’uomo, ancora che sembri nelle sue azioni libero, è determinato da motivi interni, o dal suo carattere, e si può calcolare quello che farà e come riuscirà quasi con quella sicurezza che si ha nella storia naturale. Perciò chi perde, ha sempre torto, dovendo recarne la cagione a sè stesso, che ha mal calcolato le sue forze e quelle degli altri. Questa specie di fisica storica non oltrepassa gl’individui, i quali ci appaiono qui come una specie di macchinette, maravigliose, anzi miracolose alla plebe, a noi poco interessanti, perchè sappiamo il segreto, conosciamo l’ingegno