Pagina:Storia della letteratura italiana II.djvu/192

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complesso di amabili qualità, devi cercarlo non nella donna, ma nell’uomo, nel Petrarca o nel Tasso, caratteri femminili nel senso più elevato, e in questa simpatica e immortale creatura del Tasso, il Tancredi. Si è detto che l’uomo nella sua decadenza tenda al femminile, diventi nervoso, impressionabile, malinconico. Il simile è de’ popoli. E lo spirito italiano fa la sua ultima apparizione poetica tra’ languori e i lamenti dell’idillio e dell’elegia, divenuto sensitivo e delicato e musicale. Il sentimento è il genio del Tasso, che gli fa rompere la superficie ariostesca, e gli fa cavare di là dentro i primi suoni dell’anima. L’uomo non è più al di fuori, si ripiega, si raccoglie. Lo stesso Argante è colpito da questo sublime raccoglimento innanzi alla caduta di Gerusalemme, come il poeta innanzi alle rovine di Cartagine, o quando nell’immensità dell’oceano concepisce e comprende Colombo. Qui è l’originalità e la creazione del gran poeta, che sorprende Solimano nelle sue lacrime e Tancredi nella sua vanagloria. Vita intima, della quale dopo Dante e il Petrarca si era perduta la memoria.

Con l’elegiaco si accompagna l’idillico. L’immagine sua più pura e ideale è l’innamorata Erminia che acqueta le cure e le smanie nel riposo della vita campestre. Quella scena è tra le più interessanti della poesia italiana. Erminia è comica nel suo atteggiamento eroico, e fredda e accademica nelle sue discussioni tra l’onore e l’amore; ma quando si abbandona all’amore, si rivelano in lei di bei movimenti lirici, come:

Oh belle agli occhi miei tende latine!

Nella sua anima ci è l’impronta malinconica e pensosa del Tasso, una certa dolcezza e delicatezza di fibra, che la tien lontana dalla disperazione, e la dispone alla pace e alla solitudine campestre, della quale un pastore gli fa un quadro tra’ più finiti della nostra poesia. Erminia