Pagina:Storia della letteratura italiana II.djvu/201

Da Wikisource.

― 189 ―

potente soffio di un sentimento vero, che spesso gli strappa accenti nella loro energia pieni di semplicità. Nelle ultime parole di Clorinda ci è un sì e un no in battaglia, al corpo no, all’alma sì, ma, salvo questo, che affetto e quanta semplicità in quell’affetto! Togliete quel fiato al Petrarca e al Tasso, cosa rimane? La maniera, il petrarchismo e il marinismo, il cadavere dei due poeti.

La Gerusalemme non è un mondo esteriore, sviluppato ne’ suoi elementi organici e tradizionali, come è il mondo di Dante o dell’Ariosto. Sotto le pretensiose apparenze di poema eroico è un mondo interiore o lirico, o subbiettivo, nelle sue parti sostanziali elegiaco-idillico, eco dei languori, delle estasi e de’ lamenti di un’anima nobile, contemplativa e musicale. Il mondo esteriore ci era allora, ed era il mondo della natura, il mondo di Copernico e di Colombo, la scienza e la realtà. Anche il Tasso ne ha un bagliore, e visibili sono qui le sue intenzioni storiche, reali e scientifiche, rimaste come presentimenti di un mondo letterario futuro. L’Italia non era degna d’avere un mondo esteriore, e non l’aveva. Perduto il suo posto nel mondo, mancato ogni scopo nazionale della sua attività, e costretta alla ripetizione prosaica di una vita, di cui non aveva più l’intelligenza e la coscienza, la sua letteratura diviene sempre più una forma convenzionale separata dalla vita, un gioco dello spirito senza serietà, perciò essenzialmente frivolo e rettorico anche sotto le apparenze più eroiche e più serie. Di questa tragedia Torquato Tasso è il martire inconscio, il poeta appunto di questa transizione, mezzo tra reminiscenze e presentimenti, fra mondo cavalleresco e mondo storico; romanzesco, fantastico, tra le regole della sua poetica, la severità della sua logica, le sue intenzioni realiste e i suoi modelli classici; agitantesi in un mondo contraddittorio senza trovare un centro