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mondo intellettuale corrispondono alle serie del mondo naturale, perchè uno è il principio dello spirito e della natura, uno è il pensiero e l’essere. Perciò pensare è figurare al di dentro quello che la natura rappresenta al di fuori, copiare in sè la scrittura della natura. Pensare è vedere, ed il suo organo è l’occhio interiore, negato agl’inetti. Ond’è che la logica non è un argomentare, ma un contemplare, una intuizione intellettuale non delle idee che sono in Dio, sostanza fuori della cognizione ma delle ombre o riflessi delle idee ne’ sensi e nella ragione. Bruno parla con disprezzo dantesco del volgo, a cui è negato il lume interno, la visione del vero e del buono riflesso nella ragione e nella natura, e premette al suo libro questa protesta:
Umbra profunda sumus, ne nos vexetis inepti,
Non vos, sed doctos tam grave quaerit opus.
Che vuol dire in buono italiano: chi non ci vede, suo danno, e non ci stia a seccare.
Questo concetto rinnovava la scienza nella sua sostanza e nel suo metodo. Il dualismo teologico filosofico del medio evo, da cui scaturiva il dualismo politico, Papa e Imperatore, dava luogo all’unità assoluta. E il formalismo meccanico aristotelico-scolastico cedeva il campo a un metodo organico, cioè a dire derivato dall’essenza stessa della scienza. Il nuovo concetto era la chiave della speculazione di Bruno.
A Londra Bruno sostenne una disputa sul sistema di Copernico, lungamente da lui narrata e con colori molto comici nella Cena de le ceneri, cioè del primo dì di quaresima. Poi sviluppò più ampiamente le sue idee nel Dialogo della Causa, principio e uno, e nell’altro dell'infinito, universo e mondi, pubblicati a Londra nel 1584. Quei tre libri sono la sua metafisica.
Ciò che ti colpisce dapprima in questa speculazione