Pagina:Storia della letteratura italiana II.djvu/290

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bovina, e si lasci al caso e al capriccio individuale la razza umana. Egli ha fede nel miglioramento non solo morale, ma fisico dell’uomo, per mezzo della scienza, applicata da un governo intelligente e paterno. E suggerisce provvedimenti sociali, politici, etici, economici, che sono un primo schizzo di scienza sociale nelle sue varie diramazioni ancora confuse, guidato da una rettitudine e buon senso naturale, con uno sguardo delle cose non nella loro degenerazione, come fecero Aristotile e Machiavelli, ma nella loro origine e purezza natia, come fecero Platone e gli Stoici. E balzan fuori idee, utopie, ipotesi, speranze, aforismi, che sono in parte veri presentimenti e divinazioni del mondo nuovo.

Con tanta novità in capo la società in mezzo a cui si trovava non gli dovea parere una bella cosa. Accetta le istituzioni, ma a patto che le si trasformino e diventino istrumento di rigenerazione. Vuole un papato ed un monarcato progressista; ed è chiaro che a Filippo di Spagna poco garbasse trar di prigione un così pericoloso alleato, un nuovo Marchese di Posa.

Accanto alla sua ricostruzione ci è dunque un elemento negativo, una critica della società, com’era costituita. Il suo punto di mira sono sofisti, ipocriti e tiranni, come contraffattori e falsificatori delle tre primalità, sapienza, amore e potenza, di tre dive eminenze falsatori:

     Io nacqui a debellar tre mali estremi,
Tirannide, sofismi, ipocrisia:

Che nel cieco amor proprio, figlio degno
D’ignoranza, radice e fomento hanno:
Dunque a diveller l’ignoranza io vegno.

Dal qual concetto nasce un magnifico sonetto sulla storia del mondo, foggiata dall’amor proprio: