Pagina:Storia della letteratura italiana II.djvu/308

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quando abbi commesso qualche peccato grave. E se ti pesa il dirlo, usa parole doppie, o fa una confessione generale per gittarlo così alla rinfusa nella moltitudine de’ peccati vecchi.

Ciascuno immagina, con quella facile scienza, con quella più facile morale, che seguito e che favore dovettero avere i gesuiti, maestri, confessori, predicatori, missionarii, scrittori, uomini di mondo e di chiesa. Seppero conoscere il secolo, e lo dominarono. E mantennero il dominio con l’energia e la logica della loro volontà. Salirono a tanta potenza che ingelosirono i principi, e posero talora in sospetto anche i papi. Prendendo a base l’ubbidienza passiva, di modo che l’uomo dirimpetto al suo superiore fosse perinde ac cadaver, stabilirono la monarchia assoluta. Ma volevano che il papa dominasse i principi, e volevano loro dominare il papa.

I principi si difendevano, offendendo, e cercando fino un sostegno nelle idee nuove. Così Paolo Sarpi difendeva la libertà di Venezia. La lotta era disuguale, perchè alle armi spirituali era scemata la riputazione, e i principi avevano guadagnata tutta quella forza, ch’era mancata a’ feudi ed a’ comuni. I gesuiti allora, non trasandando le armi puramente ecclesiastiche, operarono principalmente come un corpo politico, e seppero maneggiare le armi mondane con una tenacità uguale alla destrezza. Presero aria di democratici, e cercarono forza ne’ popoli contro i principi. Fin dal 1562 Lainez, il secondo generale de’ gesuiti, sosteneva nel Concilio di Trento che la Chiesa ha le sue leggi da Dio, ma la società ha il dritto di scegliersi essa il suo governo. Il cardinale Bellarmino sostiene che il potere politico è da Dio; ma il dritto divino è non ne’ singoli uomini, ma nella intera società, non ci essendo nessuna buona ragione che uno o molti debbano comandare agli altri; che monarchia, aristocrazia, repubblica sono forme che derivano dalla