Pagina:Storia della letteratura italiana II.djvu/455

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stesso modo che tutte le altre manifestazioni dello spirito, e prese dalla qualità dell’idea la sua essenza e il suo carattere. Materia principale della critica fu l’idea col suo contenuto: le qualità formali ebbero il secondo luogo. Avemmo l’idea orientale, l’idea pagana o classica, l’idea cristiana o romantica nella religione, nella filosofia, nello Stato, nell’arte, in tutte le forme dell’attività sociale, uno sviluppo storico a priori secondo la logica o le leggi dello spirito. La filosofia dell’idea divenne un antecedente obbligato di ogni trattato di estetica, come di ogni ramo dello scibile: e il problema fondamentale dell’arte fu cercare l’idea in ogni lavoro dell’immaginazione, e misurarlo secondo quella. Rivenne su il concetto cristiano-platonico dell’arte, espresso da Dante, ristaurato dal Tasso. La poesia fu il Vero sotto il velo della favola ascoso, o il Vero condito in molli versi. Divenuta la favola un velo dell’idea, ritornavano in onore le forme mitiche e allegoriche, e le concezioni artistiche si trasformavano in costruzioni ideali; la Divina Commedia, materia d’infiniti comenti filosofici, aveva il suo riscontro nel Faust. Venne in moda un certo filosofismo nell’arte anche presso i migliori, anche presso Schiller. E non solo la filosofia, ma anche la storia divenne il frontespizio obbligato della critica, trattandosi di coglier l’idea non nella sua astrattezza, ma nel suo contenuto, nelle sue apparizioni storiche. Sorsero investigazioni accuratissime sulle idee, sulle istituzioni, sui costumi, sulle tendenze de’ secoli, sulla formazione successiva della materia artistica; al motto antico: lo stile è l’uomo, successe quest’altro: la letteratura è l’espressione della società. Ne uscì un doppio impulso sintetico e analitico. Posto che la storia non sia una successione empirica e arbitraria di fatti, ma la manifestazione progressiva e razionale dell’idea, una dialettica vivente, gli spiriti si affrettarono alla sintesi, e costruirono vere