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Baldus in his factis nimium stigatur ad arma,
Sed tantum quod sit piccolettus corpore tristat.

È una scena di quel tempo, ispirata a Merlino dalla sua vita studentesca di Ferrara e Bologna, quando Coccaio, il suo pedagogo, gli metteva in mano Donato e il Porretto, ed egli ne faceva scartozzos, e leggeva romanzi, e sopra tutti l’Orlando Furioso. Non c’è una sola generalità: tutto è cose, e ciascuna cosa è animata, come un uomo ha la sua fisonomia e il suo movimento, determinato da forze interiori. Non solo vedi quello che fa Baldo, ma quello che pensa e sente; perchè la parola, se nel suo senso letterale esprime un’azione, con la sua aria maccaronica e la sua giacitura e la sua armonia te ne dà il sentimento, come è quel nasarat, e quel volavit, e quel piccolettus, e quell’hinc, illinc, hoc, illoc, et altras mille pedantorum baias.

La parte seria del racconto dovrebb’esser la cavalleria, perchè essa è che fa guerra all’inferno, cioè alla malvagità e al vizio. Ma la serietà è apparente, e in fondo è una parodia scoperta, il cui eroe più simpatico è il gigante Fracasso, parodia di quella forza oltreumana che si attribuiva a’ cavalieri erranti1. Dico parodia scoperta se guardiamo alla conclusione ingegnosissima; perchè giunti i cavalieri nella regione infernale delle men-

  1. Ecco un esempio. Fracasso di un salto passa il fiume dell’inferno, alla barba di Caronte.

    Tunc Fracassus ibi largum saltare canalem
    Preaparat, et spudans manibus se retro retirat,
    Discorsamque piat vel tres vel quinque cavezzas,
    Inde movens passus longones, inde galoppans,
    Inde cito corsum, de ripa saltat in altram.
    Quo saltu intornum graviter campagna tremavit,
    Terribilemque omnes balzum stupuere barones.
    Baldus mandat ei, tota cum voce cridando,
    Ut voiat barbam nautae streppare pilatim,
    Rumpere cervellum ac totos corporis ossos.