Pagina:Storia della rivoluzione di Roma (vol. I).djvu/156

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depositario dei processi politici, dovesse conoscere di simili segreti. Da ciò il desiderio di soffocarne la voce, deprimerlo, e metterlo in fama d’inonesto, menzognero, e peggio.

Si aggiunga, che come delitto capitale attribuivasegli, ed era vero, che avesse fatto arrestare una sera al caffè nuovo un giovinetto che a dritta e a sinistra vendeva un opuscolo intitolato le stragi di Tarnow, opuscolo ingiurioso non solo, ma eccitante all’odio contro la potenza austriaca, e che, come in seguito ci raccontò il Montanelli, era stato da lui stesso fatto pubblicare a tal fine. Si aggiungeva pure che il Marini avesse assoggettato ad una multa di cento scudi il tipografo Natali che lo diede alle stampe.

Gli antecedenti della sua vita, l’onestà, la carità, la dottrina, la cultura dello spirito, la gentilezza de’ modi, e lo essersi distinto con lode di tutta Roma nell’esercizio del carico di uditore di Rota, furono tutti titoli che a nulla valsero, e posti tutti in un fascio, venner gittati nel fango.

Si usò non solo di gridare a piena gola contro il Marini, ma con turpe consiglio si prostituirono le suore del Parnaso, facendo dire loro cose di cui arrossirebbe la più spudorata meretrice.

Le lodi poi e gli applausi prodigati dagli uomini del movimento a quel Papa venerando che recentemente erasi eletto, che fino allora si era portato alle stelle, e che con tante farse combinate erasi voluto immortalare, quasi diremmo, divinizzare, non valsero a rattenerli per rispetto almeno, se non per gratitudine, dal prorompere in cosiffatte grida dissennate che se ferivano l’eletto, venivano a riflettere per conseguenza sopra l’elettore che era lo stesso papa. E si giunse tant’oltre, che si minacciò di sospendere le feste preparate in onore del Santo Padre pel primo dell’anno.

Parve in somma che la scelta del Marini fosse tale un delitto da controbilanciare tutto il bene, e tutte le gesta