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sate, e questi vennero tutti a risentire i benefici effetti dell’atto in discorso. Questi germi erano in parte ingeniti nel suolo delle Romagne, abitate da uomini d’indole calda e risentita, ma franchi, aperti, amanti della sincerità, nemici della ipocrisia, cupidi di libertà; in parte ancora perchè avevan gustato la regolare amministrazione del regno italico sotto l’impero del primo Napoleone, e goduta quella meteora di libertà che li visitò nel 1831; in parte finalmente perchè il famoso lord Byron dopo la restaurazione fece lunga residenza nel Ravennate, ed è voce che vi profondesse i suoi tesori, e vi esercitasse la sua influenza per propagarvi le idee liberali che informano il britannico impero. Ad esso si attribuì pure se non la introduzione, il maggiore sviluppo di quelle consorterie politiche, che in linguaggio di setta nomansi vendite carbomaresche. Fra queste distinguevansi quelle che andavano sotto il nome dei difensori della patria, dei figli di Marte, i figli di Bruto, dei riformati muratori, dei maestri perfetti, i Guelfi, degli Adelfi, ed altre sotto altre denominazioni.

Ma se lord Byron operò in tale guisa, vuolsi pure che il facesse nello scopo di rendere quelle popolazioni meno fiere e selvaggie, e di ridurle a cultura di spirito e gentilezza di modi. Non sembra però che raggiungesse lo scopo perchè il nobile lord non andò esente da qualche pericolo nella propria persona, sicchè, scandalizzato ed afflitto pel poco costrutto che ritrasse dai suoi tentativi, trovossi perfino costretto di collocare una sua figlietta nel monastero di Bagnacavallo; e queste cose egli stesso pubblicò nel 1821 in un Diario, ed in una lettera diretta al suo amico Hoppner.1

Queste circostanze riunite per tanto costituivano delle Romagne un paese, quasi nemico del tutto alla pontificia dizione, e che più ostile divenne in seguito pei rigori che le polizie astiose e severe vi esercitarono a preservazione di propria salvezza negli anni decorsi.


  1. Vedi Gigliucci, Memorie della rivoluzione romana, vol. I, pag. 44.