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e queste innovazioni per la loro ineseguibilità furono in gran parte la causa di cosiffatto sconcerto.

Ritornando ai prestiti però diremo che i frutti relativi ai medesimi, che pagavansi sulla somma nominale e non su quella incassata, e le relative ammortizzazioni, furono la causa esclusiva dello sbilancio nell’amministrazione delle rendite dello stato pontificio dal 1831 in poi, in guisa da produrre un deficit annuale, perchè fra i frutti e l’ammortizzazione dovendo pagare ogni anno il 6 %, nell’epoca di cui parliamo si pagavano per questo titolo, presi per base i 17 milioni e 750 mila scudi dei prestiti, scudi 1,065,000 all’anno.

Non si creda quindi essere un paradosso ma una verità suscettibile di matematica dimostrazione che se non fossimo stati costretti di contrarre i prestiti anzidetti, non solo non vi sarebbe stato questo deficit, ma invece avremmo avuto un sopravanzo annuale, da potere a quando a quando introdurre un alleggerimento d’imposte.

Vedan dunque i popoli quante obbligazioni debbano alle rivoluzioni, ed il nostro soprattutto innalzi pure un inno di lode alla Francia che co’ suoi eccitamenti lo spinse ai moti del 1831, unica causa di questi sconcerti finanziari.

Nell’esaminare pertanto le tabelle annuali delle spese, quella che ti si para innanzi, e che ti presenta una cifra spaventosa ed un annuale accrescimento dal 1831 in poi, è quella del debito pubblico. Si comprendono in esso, oltre le passività diverse permanenti, gli assegni di giubilalazione e di pensione civile, i frutti del consolidato inscritto e di quello al portatore, i frutti dei prestiti all’estero, non che le relative ammortizzazioni della sorte.

È d’uopo per altro riflettere che quantunque una porzione della detta cifra figuri fra le spese, pure non è così, essendo invece la restituzione del capitale improntato: ciò che meglio chiariremo in seguito.

Nel contrattare il primo prestito dei tre milioni e così pei successivi, fu stabilito per base che si dovesse pagare