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repubblica, con il papa a capo della medesima. Più tardi ripudiò per un momento queste idee, e avrebbe voluto escludere del tutto nel papato il potere temporale;1 ma finalmente fatto più maturo per senno, per dottrina e per esperienza, pubblicò un’opera dottissima sul Potere pubblico, nella quale sostiene validamente la giustizia e la necessità assoluta del conservare il potere al papato.2

Queste nozioni preliminari abbiam creduto esporre fin da ora a maggiore intelligenza degli atti di quest’uomo famoso il quale figurò non poco nella rivoluzione romana, di cui stiamo tessendo la storia. Quanto all’uomo, avremo a parlarne in seguito parecchie volte.

Ora diremo che solennizzandosi il giorno 29 la festa di san Pietro, il Santo Padre celebrò la messa pontificale. Ebbe luogo altresì la girandola nella sera, e Roma attirò in quella occasione buon numero di persone dai vicini paesi.

Lo spirito pubblico però era già viziato dalle perfide insinuazioni di chi aveva in odio e la notificazione del 22 del cardinale Gizzi, e la visita del Santo Padre il 27 a sant’Ignazio. Qua e là per le vìe di Roma prorompevasi in discorsi acerbi ed oltraggiosi contro qualunque autorità.

Difficilmente si crederanno, perchè le parole consegnate ai venti svaniscono e non lascian di loro traccia veruna, ma chi vivida ancora conserva la memoria di quei tempi tristissimi render potrà giustizia alle nostre parole. Lo stato di Roma in quel tempo potrebbe rassomigliarsi ad un frutto bello e odoroso, e della più incantevole apparenza. Era bella però a vedersi la corteccia soltanto, ma la magagna e il verme distruggitore ch’eran dentro sfuggivano all’occhio. Il silenzio intanto della stampa sul vero stato della povera Roma faceva sì che all’estero noi continuavamo ad essere invidiati e lodati e pochi o niuno sapeva

  1. Vedi la sua lettera nel Monitore Romano, del 19 mano 1849.
  2. Vedi la sua opera Sur le pouvoir public. Parigi 1859, pag. 594. — Vedi il suo ritratto fra le stampe e litografie n. 28.