Pagina:Storia della rivoluzione di Roma (vol. I).djvu/30

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20 discorso preliminare


Noi riteniamo invece che oltre alle molle occulte messe in giuoco talvolta da qualche potenza, cui poteva andare a grado di fomentare perturbazioni nel continente, una delle cause potentissime rinvengasi non solo nelle teorie messe in voga e male definite dagli scrittori, sui diritti dei popoli, col lasciare in disparte la definizione dei loro doveri, ma altresì nella maggior libertà che gli uomini son venuti man mano facendo della loro ragione, e che ne ha spinti molti non solo a ripudiare per sè il perno salutare dell’autorità, ma ad affrancare coi loro scritti dai ceppi morali le presenti e le future generazioni.

Queste ci sembrano le vere cause, cui in molti casi sono da attribuirsi le rivoluzioni; ma ad esse sono da aggiungere le sette, le quali alla lor volta furono talora promotrici di rimescolamenti, e talora furono strumenti utili nelle mani di potenti ambiziosi, che seppero volgerne a proprio profitto la influenza. Queste sette che noi chiameremo col Montanelli Consorterie politiche, è ormai constatato che non solo negli stati pontifici, ma in Italia, in Europa, e nel mondo tutto agiscono nell’ombra incessantemente, e guadagnan sempre nuovi proseliti in guisa da estendere smisuratamente la loro sfera di azione e di predominio.

Egli è a riflettersi inoltre che, prescindendo dai tentativi dei Cola di Rienzo, dei Stefano Porcari, e dei Crescenzi, nei bassi tempi, tendenti a sottrarre Roma dal dominio temporale dei papi, va germogliando in Italia il mal seme che vi gittarono alcuni liberi pensatori, fra i quali citeremo un Giordano Bruno, un fra Tommaso Campanella, un Pomponazio, un Pomponio Leto, un Cardano, un Cremonino, un Andrea Cisalpino, ed altri scrittori e cattedratici seguaci di Aristotile, e di Platone, quando il Peripatismo ed il Platonismo, corrotto dagli Averroisti, invadevan le scuole d’Italia; cosicchè, anche in fatto di libero pensare, l’Italia non solo non fu a niuna seconda, ma prima assai dei Francesi era stata cultrice delle lettere, e diffonditrice dello spirito filosofico. Noi non approviamo il modo di pen-