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del ministro russo de Boutenir il quale dava in quella sera stessa una lista da ballo. E là sotto il palazzo Giustiniani soffermandosi, dierono un saggio delle lor prodezze, ripetendo a tutti gola le grida insensate e feroci, ed esultando degl’infelici Svizzeri che per difendere religione, libertà a patria, avevano coraggiosamente incontrato la morte.

Egli è inutile il dire qual effetto sinistro dovessero produrre le grida incomposto che quella turba di giovani furibondi metteva sotto il palazzo, prima che se ne potesse conoscer la vera cagione.

Nou isfuggì al Farini la esorbitanza del fatto per noi rammemorato, e con risentite ed assennate parole vituperullo nel 1.° volume delle sue storie.1 Solo esso pone sitto la data del 30 novembre ciò che accadde la sen del 3 dicembre.

Informato il governo pontificio dell’accaduto, o stimolato forse da qualche giusto richiamo della diplomazia, consacrò il primo articolo del Giornale officiale del giorno 4, cui ne succedette un altro il giorno 7, per manifestarne in brevissime parole la sua disapprovazione, promettendo vigilanza, e minacciando rigore.2

Ma qual rigore poteva esercitare nello stato di debolezza morale in cui ora caduto, ad onta delle apparente in contrario? Sterili parole e nulla più. Ciò venne già da noi accennato nel capitolo precedente, ove parlammo del Paradisi, ed ora ci cade in acconcio di somministrarne altra prova che la seguente.

La sera del 10 decembre erasi consegnato alle stampe e vendevasi per la via del Corso (ad un baiocco come al solito) un breve scritto di un tale Geraldi, col quale di sapprovavasi il fatto scandaloso accaduto la sera del 3, e raccomandavasi tolleranza, carità, moderasione. Questo

  1. Vedi Farini Lo Stato romano, vol. I, pag. 278.
  2. Vedi il Diario di Roma del 4 decembre 1847 n. 97, dell’11 n. 99. - Documenti, vol. III. n. 124 e 127.