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della rivoluzione di roma 425

«Iddio mantenga questa concordia, e faccia brillar la pace nella Italia tutta, mentre nulla è più necessario della pace per far fiorire la produzione, il commercio, le arti, la felicità pubblica. 1

Si noti che il papa in quella occasione solenne quale fu la istallazione del municipio, alludendo alla ricchezza pubblica ed alla pubblica felicità, non parlò di nazionalità, di unità, d’indipendenza, e di armamenti per cacciar gli Austriaci; non parlò che della pace: ed in questo il Santo Padre, fin dal principio del suo pontificato, lo trovammo sempre, sempre, coerente.

Finora le dimostrazioni di cui demmo contezza, furon tutte nel senso cattolico, perchè tendenti ad onorare, ringraziare e glorificare il papa sia come capo supremo del cattolicismo, sia come sovrano di Roma e degli stati pontifici.

Ma una dimostrazione così anti-sociale ed anti-cattolica come quella che fecesi allorquando si festeggiò la rotta e l’eccidio dei cattolici, che nella Svizzera formavano la lega chiamata il Sonderbund, non si era ancor veduta, nè dopo tante iterate proteste di attaccamento al papa e di rispetto alla religione era mai da aspettarsi in Roma.

Così grave ci sembra l’enormità dell’avvenuto, che la nostra pochezza non ci somministra parole bastevoli a descriverla; pur tuttavia ci studieremo di darne qualche cenno, aggiungendovi delle opportune considerazioni.

Egli è a sapere dunque che, conosciutasi appena la vittoria dei radicali svizzeri contro i Cantoni cattolici, si fece una dimostrazione, benchè non numerosa, la sera del 3 dicembre. Si adunò una turba di giovinastri la quale movendo dalla piazza del Popolo, passò per quella di sant’Ignazio ove imprecò ai Gesuiti, e poscia recossi al palazzo Giustiniani vicino al Pantheon, ov’era in un piano la residenza del console svizzero Begrè, e nell’altro quella

  1. Vedi le Notizie del giorno del 2 dicembre 1847, e la Bilancia del 3.