Pagina:Storia della rivoluzione di Roma (vol. I).djvu/76

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lando che Roma era coda e non capo, e che il dramma che in essa recitavasi era stato scritto da penna alla medesima estranea. Non negheremo, se vuolsi, che svelti, sensibili, vivaci, intelligenti come sono i Romani, possono coll’andare del tempo aver profittato siffattamente nelle idee chiamate di progresso civile, da disgradarne gli stessi maestri; ma in allora ci basta di poter sostenere che agivano per impulso altrui.

Ora ci resta a provare altra cosa, ed è che si fosse potuto trapelare l’atto in aspettazione, qualche giorno prima.

Sicuramente che fu cosi, poiché l’atto di amnistia non venne inaspettatamente. Era implorato e sollecitato da molti e da molte parti al punto di sentire di pressura.

Il partito che aveva deciso di festeggiarne l’annunzio, era in stato di costante sollecitudine ed ansietà. Guardie avanzate, esploratori, agenti solertissimi e referendari molti dovevano esservi per indagare, scrutinare e riferire all’istante. E come non essersi penetrato da tanti interessati esploratori che l’atto desiderato era stato consentito dal pontefice in genere ed in ispecie, una volta che al suo cospetto qualche giorno prima lo fece leggere da monsignor Corboli-Bussi alla congregazione dei sei cardinali, di cui riportammo i nomi nel capitolo II, ed una volta che tre giorni prima della sua promulgazione erano state stampate le circolari di segreteria di stato per temprarne gli effetti?1

Dunque da vari giorni si era in moto al palazzo del Quirinale per quest’oggetto, e non devesi quindi ammettere che persone abilissime, e che tengon dappertutto gli amici, non avesser dovuto trapelarlo?

Nè sarebbe stata colpevole indiscretezza il propalarne la imminente promulgazione da chi ciò sapeva, imperocché in quel tempo ritenevasi in buona fede che da quella tanto desiderata promulgazione fosse per sorgere un’era novella di pace e di prosperità.


  1. Vedi documenti nel voI. I, n. 20 A. — Stampe e litografie, n. 5.