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guerriero della penisola. La repubblica non è che una astrazione, bella, ma priva di sussistenza: Carlo Alberto e il suo esercito sono la realtà.»

Riavutisi i Romani dallo sgomento, e rincorati dai molti elogi che da ogni parte giungevano sull’eroismo della difesa di Vicenza, venne pubblicato il 25 un ordine del giorno dal ministro delle armi principe Doria ai soldati ch’erano stati a presidio in quella città, affine di lodarli per la gloriosa difesa della medesima ed eccitarli a non deporro le armi infino a che l’Italia non fosse redenta, e la morte dei loro compagni vendicata. 1

Ma quantunque il disastro di Vicenza, veduta la cosa dal lato dell’onore e del valore militare, desse una certa compiacenza non disgiunta da orgoglio, pure non lasciava di essere una sventura ed una ferita mortale alla causa italiana, imperocchè mancato il soccorso de’ Napoletani, retroceduti e sconfitti i Toscani, tutte le speranze riconcentravansi nell’armata del general Durando. Ora se ancor questa in seguito della capitolazione di Vicenza dovea ritirarsi, andava a ricadere, siccome ricadde, tutta la Venezia sotto la dominazione degli Austriaci.

Era stato in quel frattempo chiamato in Roma il general Ferrari per dare schiarimenti sulla condizione dell’esercito nel Veneto lasciando perciò senza il lor comandante supremo le guarnigioni di Padova e di Treviso, 2 le quali subito dopo cederono; cosicchè per la capitolazione di Vicenza l’esercito pontificio parte si ritrasse in Venezia e parte ritornò a casa. L’armata rimasta nel Veneto era sotto gli ordini dei generali Pepe, Antonini e Ferrari.

Un nuovo attacco su Verona per parte di Carlo Alberto era andato fallito. Udine cadde sotto il comando del generale Nugent, ed il 21 giugno capitolò Palmanova ch’era retta dal general Zucchi. Meno dunque la città di Venezia

  1. Vedi la Gazzetta di Roma del 26 giugno 1848, n. 118.
  2. Treviso cadde il 14. — Vedi la Gazzetta di Roma del 23, pag. 470, e Documenti n. 48.