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faccia scoperta le loro deliberazioni, qualunque esse siano, e di criticarle amaramente? Ma ciò non basta. Nell’articolo della Gazzetta officiale del giorno 3, il signor ministro dell’interno (che lo fa suo), per dare un peso alla sua critica, e dirò così, per giustificarla, discende a rendere problematico il vantaggio dell’esistenza dell’Alto Consiglio: e quantunque per verità egli si decida per l’affermativa, non ostante il dubbio è formulato, l’impressione è prodotta, e l’eco di una opinione già esternata da altri, acquista un rimbombo autorevole dalla voce ministeriale. Senza immaginare nemmeno una dicussione qualunque sopra un punto non soggetto a disputa, mi limiterò a dire, che se lo statuto fondamentale è legge per il potere legislativo, lo è molto più per i ministri; e che quando il medesimo ha parlato, è irriverenza il porne, le basi in questione.

»Sarebbevi molto a dire sopra ciò che ha formato il soggetto primario dell’articolo officiale. Non sarebbe difficile di accumulare argomenti a sostegno dell’utilità del voto segreto a preferenza del voto pubblico. Si potrebbero corredare questi argomenti con gli esempi di altre nazioni, di altre Camere rappresentative; ma la deliberazione fu presa, essa è definitiva, e l’Alto Consiglio non deve renderne conto che a se medesimo.

»Molto più potrebbe dirsi sopra il dispiacevole tema, oggetto di queste meschine osservazioni; ma per non dilungarmi soverchiamente, concluderò che il processo verbale della seduta di oggi confermi la disapprovazione dell’articolo della Gazzetta di Roma, e il reclamo avanzato.»1


Rispose il Mamiani e fu sostenuto dal conte Pasolini: dopo di che, presa la parola il dottor de Mattheis, disse francamente che i ministri son ministri e non maestri dei corpi legislativi e che non devono dar lezioni; essere que-

  1. Vedi il Giornale dei dibattimenti del 18 luglio 1848.