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sulla piazza del Quirinale un’agglomerazione di popolo, formata da un quattro o cinque mila individui fra i quali però molti curiosi. Era composta di soli uomini, e benchè ascendesse alla cifra di sopra indicata, era pur non ostante assai minore dimostrazione di quelle fatte dianzi. Schieratisi tutti di fronte al palazzo del Quirinale, s’intese un qualche grido (da alcuni attribuito al noto Giovanni De Andreis, da altri ad un Trucchi piemontese) che accennava a volere una costituzione o qualche cosa di simile, e ciò mentre il Santo Padre era già sulla loggia.

Allora il medesimo dopo un movimento di sorpresa soffermossi alquanto, e riguardato d’onde venisse il grido, disse ad alta voce queste parole:

«Prima che la benedizione di Dio discenda su di voi, su tutto lo stato, e lo ripeterò ancora, su tutta l’Italia, io vi raccomando che i cuori siano concordi, e le domande non siano contrarie alla santità di questo stato della Chiesa; e perciò certe grida e certe domande, io non posso, non devo, non voglio ammetterle. Con queste premesse d’esser fedeli al pontefice ed alla Chiesa, a queste condizioni io vi benedico, e vi benedico con tutta l’espansione dell’anima mia. Ricordatevi delle promesse fatte, e siate fedeli al pontefice ed alla Chiesa.»

È da avvertirsi però, che le parole non posso, non devo, non voglio, furon pronunciate con tale veemenza e tale concitamento di sdegno, da lasciarne tutti attoniti e sbalorditi.

La Gazzetta di Roma del giorno 121 dette un cenno slavato, e, più che slavato, infedele del detto discorso e delle circostanze che lo precedettero e l’accompagnarono, il quale venne anche pubblicato la mattina seguente al caffè delle Belle Arti. In altri luoghi, e con altre varianti venne fetta la stampa del detto discorso, e così circola-

  1. Vedi la Gazzetta di Roma del 12 febbraio 1848.