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l’altro reggimento, era stato ivi arrestato dai perturbatori. Lo stesso era accaduto ad altri Svizzeri ch’eransi posti in viaggio per quella città.

Il generale si mostrò intimorito per questi fatti. Ne parlò al prelato, aggiungendovi la notizia di fermento in Bologna e del pericolo di una immediata sollevazione in tutte le Romagne, ed insistendo inoltre per la revoca dell’ordine di partenza. In tale emergenza si rimise all’indomani la decisione.

Intanto consegnavansi improvvidamente dal generale Latour seicento fucili al reggimento la Unione, nel quale la rivoluzione era personificata; ed i circoli preparavano nella notte un indirizzo al generale per esortarlo in nome della popolazione a rimanere colle sue truppe in Bologna.

Conserviamo ancora l’indirizzo dei circoli, che riportiamo in Sommario.1 Ne riferiamo qui uno squarcio che così diceva:

«Gl’iniqui nostri nemici, perduta la perfida speranza dello straniero intervento, vogliono disonorare il glorioso nome d’Italiani, di cui siete stati battezzati nel vostro sangue a Vicenza, chiamandovi a sostener la parte del Tedesco, ad eccitare nel vostro passaggio attraverso lo stato la guerra civile ed il brigantaggio.»

Il colonnello della civica Bignami invitava con altro proclama il popolo a riunirsi l’indomani 29 tanto nei quartieri, quanto in sulla piazza.

Giunto il 29, monsignor Bedini veniva invece esortato non solo, ma spinto a mettersi in salvo all’istante, perchè, si asseriva, la sua casa sarebbe stata in brev’ora accerchiata di armati, nè potersi rispondere della sua incolumità.

In tali frangenti il generale Latour chiese ed ottenne l’ordine di revoca della partenza, e prontamente disparve.

L’ordine era così concepito: «vista l’impossibilità di partire senza massacro, l’ordine è revocato.» Il prelato Bedini però, sostando fuor delle mura della città, trasmet-

  1. Vedi Sommario, n. 62. — Vedi Documenti, vol. VIII, n. 41.