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intrapresa nel manifesto di Pellegrino Rossi dell’anno 1815 ai popoli delle Romagne, di cui abbiamo parlato nel capitolo XVII del secondo volume e che può leggersi riportato nell’opera di monsignor Gazola.1

Le sue armi però vennero rovesciate dagli Austriaci. Così la intrapresa murattiana svanì come un sogno, ed il congresso di Vienna compiè, nello stesso anno 1815, l’assestamento delle cose italiane, redintegrando nei loro stati i principi decaduti, altri aggiungendone, e stabilendo in somma quella circoscrizione territoriale che fino all’epoca di cui tessiamo la storia, è stata mantenuta e rispettata.

A giustificazione poi degli Italiani direni pure che se la idea allettatrice e sotto molti rispetti nobile ed onorevole di nazionalità era entrata nelle loro teste (perchè alla fin fine era lecito agl’Italiani di desiderare ciò che a tanti altri popoli era riuscito di conseguire, ed essi sentivansene più degni e meritevoli degli altri); se è incontestabile che chi la vagheggiava, sforzavasi con gli scritti, con la voce e con gli artifici di setta di propagarla, mantenendo così e alimentando un fuoco che acceso una volta, difficilmente colle armi e colle persecuzioni si spegne; è vero ancora che furonvi in certo modo spinti ed incoraggiati dalla Inghilterra, e dall’Austria stessa, con que’ bandi o manifesti che di sopra abbiam riportato.

Se non che a noi sembra che gl’italiani abbiano sbagliato in genere, numero e caso, prendendo di mira e scalzando per rovesciarlo, quell’unico fondamento su cui dovevano anzi appoggiarsi, il papato. Egli è questo un vecchio e fatale errore, che ove non riesca agl’italiani di sbarbicare incisamente dalle lor teste, produrrà convulsioni infinite, rovesci molti, stabile riedificazione non mai. Così, mentre noi ci professiamo apologisti e sostenitori in genere

  1. Vedi Il prelato italiano monsignor Carlo Gazola ed il vicariato di Roma, ec. edizione di Torino del 1850, pag. 33 — Vedilo in originale nella raccolta dei documenti relativi alla impresa murattiana, sotto il n. 205.