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per ciascuna, sostituì loro a modo di compensazione una quantità correlativa di boni effettivi.

Non fu adunque, secondo il Mazio, un vero annullamento, a parlare con proprietà; fu bensì una cumulazione calcolata, uno sviluppamento simultaneo dei frutti, progressivi per loro istituzione, ed un trasferimento del possesso dei medesimi frutti accumulati, dalle mani dei singoli portatori al governo repubblicano. Per il di più rimandiamo i nostri lettori al detto opuscolo, ove questa questione piuttosto complicata viene svolta con molta chiarezza.1

Altra misura finanziaria si ebbe (del genere, s’intende, di quelle che possono aversi in tempo di rivoluzione) nell’appello o avviso che il direttore della zecca Pietro Girometti dirigeva al pubblico per avere argento, promettendone il rimborso con un 10 per cento di aggio, pagabile quanto a due terzi in carta, ed un terzo in argento monetato.2

Misure siffatte tendevano a screditare sempre più la carta in circolazione, confermavano la diffidenza ne’ cittadini, e mettevano al nudo le piaghe del governo il quale, coll’offrire un 10 per cento di aggio, faceva chiudere negli scrigni l’oro e l’argento, e veniva aprendo la strada all’aggiotaggio progressivo degli speculatori e di que’ tanti che volgono a loro profitto i mali in cui versa la patria. Più tardi narreremo in quali tristi condizioni trovossi Roma in qualche momento per la sparizione totale dalla circolazione non solo dell’oro e dell’argento, ma per fino del rame.

Erasi divulgato di quei giorni in Roma altro giornale cui si diè il titolo di Misteri di Roma.

Detto foglio era di genere semi-clandestino perchè non portava nome di stampatore. Vende vasi però pubblicamente e portava solo il nome di un gerente responsa-

  1. Vedi Mazio, Sul decorrimento non ripristinato dei frutti sui boni del tesoro, nel volume 22 delle Miscellanee, n. 12.
  2. Vedi il Monitore del 6 aprile 1849, pag. 801.