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della rivoluzione di roma | 381 |
In proseguimento del racconto degli invii di sussidi armati per sostenere Roma repubblicana, diremo che pure i Lombardi ch’eransi costituiti in legione, e che per la causa della indipendenza italiana avean combattuto contro gli Austriaci, marciavano alla sua volta immemori o forviati siffattamente, da non avvedersi che portandosi a combattere in Roma contro le potenze cattoliche (le quali si apparecchiavano ad assalirla per isnidarne i repubblicani e ricondurvi il pontefice), non già il barbaro venivano a combattere, ma il papa stesso, lo stesso Pio IX, quello in nome del quale si sollevarono e sotto i cui auspici combatterono fra le barricate di Milano. Essi eran d’altra parte giovani generosi, appartenenti quasi tutti a famiglie ragguardevoli o civili della Lombardia, temperati ed onesti, ma forviati e inesperti. E lo stesso conte Dandolo che ne fece la storia ce lo confessa.[1]
Il loro arrivo rendevasi noto da un proclama del direttore di polizia Meucci, il quale pronunziando ai Romani l’arrivo dei Lombardi, gli eccitava ad astenersi da qualunque dimostrazione o popolare movimento. Degnateli (ei diceva) della vostra ospitalità, additate loro i venerandi monumenti di questa immortale città, e li vedrete curvar le fronti solcate dalla mano del dolore e baciar questa terra, tomba di gloriose ceneri.[2]
Anche il Beltrami nel porgere avviso dell’invio dei fucili, come abbiamo detto di sopra, annunciaya l’arrolamento e l’arrivo di 500 volontari francesi. Non potremmo dire se giungessero o no a Roma. A noi basta designare il fatto come significativo, perchè tendente a provare che genti non solo non romane, ma estranee perfino alla stessa Italia, come Greci, Spagnuoli e Francesi, intendeva la rivoluzione di condurre in Roma da ogni parte. Di tutti