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Roma dunque alla metà di maggio poteva contare fra i tredici ai quindici mila uomini per difendere la repubblica, la quale mentre era assalita da ogni lato, veniva informata che gli Austriaci erano entrati l’11 in Livorno col generale d’Aspre.1 E Palermo era sul punto di arrendersi alle truppe regie, che effettivamente vi entrarono il 15.2 L’atto di sottomissione di Palermo porta la data del 27 di aprile e può leggersi nella Speranza dell’epoca.3

Il momento era solenne, perchè i Romani, assaliti da tutte le parti, andavano a trovarsi rinchiusi in un cerchio di ferro. Mazzini conosceva bene il pericolo; ma poco a lui caleva che si sacrificasse qualche centinaio o migliaio di giovani animosi, ch’ei poscia chiamava martiri per consolare i parenti della lor perdita. Interessavagli soltanto che quei poveri giovani illusi e fanatizzati dalle sue profezie reggessero agli urti, sostenessero il principio, e come suol dirsi, dessero tempo al tempo. Sapeva bene di che si trattava: e maestro di politici intrighi, manteneva segrete pratiche col capo della rivoluzione in Parigi, Ledru-Rollin, il quale vi organizzava un rivolgimento per liberarsi dal presidente dell’assemblea, e venire in soccorso di Roma. Questa rivoluzione tramata da vario tempo, ed alla quale, come già accennammo, si deve tutta la resistenza dei repubblicani romani, scoppiò finalmente il 13 giugno, ma abortì, come si dirà in appresso. Il Mazzini però vi contava sopra, e contava più su quella, che su la protezione degl’Inglesi e di lord Palmerston, e ne abbiamo un documento nelle parole del Rusconi che era ministro degli affari esteri, e scrisse dipoi una storia della repubblica romana.4


  1. Vedi la Storia delle guerre d’Italia dal 18 marzo 1848 al 28 agosto 1849, pag. 942.
  2. Vedi la Speranza dell’epoca del 12 maggio, n. 97.
  3. Vedi detta del 12 maggio, n. 97.
  4. Vedi il Rusconi, La repubblica romana (del 1849), vol. II pag. 34.