Pagina:Storia della rivoluzione piemontese del 1821 (Santarosa).djvu/63

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bole dei carabinieri e condursi alle lor case. Si seppe ben tosto che dei feriti, pochi eran quelli che nol fossero di più colpi di spada, ve ne furono di malconci in molte parti della persona, di quelli orribilmente mutilati1. Non furono dunque le baionette, ma le spade che mostraronsi più sitibonde di sangue! una tal voce ripetevasi in mezzo all’universale spavento; un grido di maledizione, come di un sol uomo, erasi levato da tutte le classi della società. Giammai l’opinione pubblica erasi con maggior veemenza manifestata, le donne ne furono organo principale e temuto, ed a un certo numero di uffiziali restò l’esecrato epiteto di sciabolatori* potrei nominarli; ma me ne astengo. Son conosciuti abbastanza.

L’università non venne chiusa; ma molti studenti furono rimandati nelle loro provincie, ed i rimanenti dispersi in più scuole aperte nei differenti quartieri della città. Pattuglie di cavalleria percorrevano incessantemente la città di Torino che presentava l’aspetto di una piazza forte in istato d’assedio.

Il governo travide, o finse travedere nella giornata del 12 gennaio 1821 un esperimento, o un preludio di rivoluzione. Ma s’ingannava: gli amici della libertà non avevan preso parte a quel fanciullesco pa-

  1. Corse cupa una voce in Torino, vi restassero morti più studenti, dei quali nella notte, si tolsero via i corpi, e seppellironsi, secondo dicevasi, col favor delle tenebre. Di questo fatto mi mancaron le prove, e benchè ne avessi diversi indizii, pure l’accenno appena come vago romor popolare.
* Ad un marchese, ufficiale dalla brigata Guardie, genovese, restò anzi il bizzarro sopranome di mangia-fanciulli. Accertavasi che avesse di propria mano scannato un ragazzo, nascosto sotto di una panca. Taciamo il nome di colui, lieti invece di poter nominare gli altri che operarono generosamente.