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LIBRO I 19

repubblica: spediva Oratori al generale francese per render grazie, a Milano e per far causa comune. Con la rapidità del baleno diffondevasi nell'Emilia il movimento: le idee francesi propagavansi, si concitavano gli animi: scrivea Bonaparte al direttorio: i popoli Cispadani serbati a grandi destini. Ai comizi di Bologna tenne dietro il civico congresso di Modena, più tardi di Reggio. Così nascea la repubblica Cispadana. Intanto crescea afflizioni a Roma, e speranza ai fautori di novità il rinforzo di meglio che ottanta mila uomini giunti sulla travagliata penisola dai confini di Spagna, in conseguenza della pace segnata a Basilea fra il re cattolico e il direttorio di Francia1.

XIV. Tali correvano le sorti d'Italia: sola speranza ai principi e supremo bene ai buoni restava la pace: questa ad ogni patto domandavano al vincitore. Già Napoli, Sardegna e Toscana aveanla, ma o non sicura, o a poco onorevoli condizioni. Tentava Pio VI ottenerla per lo stato romano col mezzo del Manfredini ministro di Ferdinando III, quando Miot agente francese risposegli avrebbe la Toscana fatto molto se provvedeva a se stessa. Tremende parole, che scossero il Manfredini, il quale da mediatore dell'altrui, fattosi difensore della causa propria, recavasi in fretta a Bologna per trattare con Bonaparte2. L'apparente tran-

  1. Era la pace conchiusa in Basilea il 22 luglio 1796, e ratificata il 29 agosto del detto anno fra il cittadino francese Barthelemy e il ministro del re di Spagna cavaliere Iriate.
  2. Manfredini, uomo assennato, temendo l'occupazione di Livorno, che avrebbe autorizzato il sequestro delle mercanzie inglesi in quel porto, si presentò al generale in capo, il quale tosto che il vide disse « Ritiratevi: voi venite a pregarmi di non andare in Toscana: ed io devo senza dilazione volgermi verso Roma per la via della Toscana e di Livorno ». Questi senza perdersi d'animo rispose: temesse il giudizio della posterità: mal retribuirsi un principe pacifico e affezionato con simile atto: ricordarsi avere, per la pace segnata, incontrato il gran duca la giusta indignazione del fratello imperatore d'Austria, e che eranvi altre strade per andarsene a Roma senza toccar Firenze. Assentiva Buonaparte, era fiducioso il ministro toscano a segno da spedire avviso al gran duca, che i francesi andrebbero a Roma senza comprometterlo con i negozianti inglesi, ebe avevano ricchissimi depositi in quel porto toscano. Ma i fatti non corrisposero alle parole. I francesi deviando, quando meno temeasi, dal cammino di Roma, piombarono all'improviso sulla non munita Livorno, e più milioni di merci inglesi furono confiscate in porto amico alla Francia. Conviene confessare, che Bonaparte obbediva al direttorio, che sul proposito di quella città marittima di Toscana scriveagli « Bisogna sorprenderla, bisogna arrivarvi nel momento, in cui sarete meno aspettato ».