Pagina:Storia delle arti del disegno.djvu/381

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p r e s s o   i   G r e c i , ec. 271

§. 14. Tali imperfette forme la natura produce, quanto più agli estremi del caldo e del freddo s’avvicina, nella stessa guisa che colà sorgono le piante precoci e forzate, qui imperfette ed immature; e come al troppo fervido raggio del sole i fiori avvizzirono, così rimangono accartocciati e senza colore, se il sole non veggon mai, e le piante stesse a deteriorar si vengono se in tetro luogo sieno collocate. Ma per l’opposito quanto più la Natura s’avvicina a un clima temperato, che sembra essere il suo centro, tanto più ne sono regolari le forme, siccome osservammo nel Libro I. Capo iiI., e nell’antecedente. Quindi è che le idee della bellezza che abbiam noi, e che ebbero i Greci, prese dalle forme più regolari, denno essere più giuste che quelle de’ popoli da noi lontani, sì verso il polo che verso l’equatore: popoli che, secondo l’espressione d’un poeta moderno, differiscono quasi per metà dall’originale uscito dalle mani del Creatore; e ciò che non è bello, dice Euripide1, non può esser bello in niun luogo.

§. 15. Ma presso di noi eziandio i diversi uomini hanno molto differenti idee del bello, e più differenti forse che nol sono in essi le idee del sapore e dell’odore, delle quali non abbiamo idee ben chiare e distinte. Difficil cosa certamente farebbe il trovare cento persone che fossero d’accordo su tutte le parti che costituiscono la bellezza d’un volto: parlo di persone che non abbiano su quell’argomento seriamente meditato; poiché quelli, che hanno fatta della bellezza una profonda disamina, non possono rimanere incerti fu ciò che costituisce il vero bello, essendo questo unico e non moltiplice. Avviene quindi che coloro, i quali l’hanno studiato nelle più perfette statue dell’antichità, non sanno trovare nelle donne d’una nazione orgogliosa e saggia quel-


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  1. Phœniss. vers. 821. [Lo dice del disonesto.